Il blocco degli extracomunitari: un provvedimento inutile
(di Francesco Oddi - 11 settembre 2002)

Sarà utile ai vivai italiani il blocco del tesseramento dei calciatori extracomunitari? Spalancherà le porte della prima squadra ai giovani italiani? Gli effetti positivi si faranno attendere: le società possono tenere gli stranieri che hanno già sotto contratto, e ci vorranno anni prima che il loro numero scenda in modo significativo. E non sarebbe certo una sorpresa se il blocco dovesse cadere prima di sortire gli effetti sperati. Un blocco discriminatorio, anacronistico ed inutile. L'Associazione Calciatori chiedeva un limite diverso: cinque stranieri in campo, senza distinzione tra comunitari e non. Una richiesta condivisibile, che avrebbe aiutato i calciatori italiani senza impoverire il campionato: fosse sbocciato un nuovo Maradona, la possibilità di portarlo da noi sarebbe rimasta. Una richiesta inattuabile: dopo l'Unione Europea non si possono porre delle barriere alla circolazione dei lavoratori comunitari. Questo vanifica, in larga misura, anche gli effetti del blocco imposto dalla Federcalcio. Senza un radicale cambio di mentalità di tecnici e dirigenti italiani si finirà per importare altri calciatori europei, di seconda scelta (i campioni arrivavano già prima), per riempire i posti lasciati vacanti da argentini e brasiliani. Eppure molte squadre italiane continuano a monitorare il mercato sudamericano. Si trova un giocatore interessante? Gli si cerca subito un nonno spagnolo o portoghese, un avo italiano, magari della moglie, e si rimedia un passaporto comunitario. Un malcostume diffusissimo nel recente passato del calcio italiano, che tornerà presto in auge. A meno che la chiusura delle frontiere non faccia la fine dell'ultimo provvedimento attuato a tutela dei vivai in Italia, la norma sugli under in serie C. Un'idea interessante, abrogata dopo un solo campionato.

 

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