Nella vita di un calciatore capita sempre di tornare a casa, anche se solo per un attimo. Per Vincenzino Sarno quell’attimo si è consumato ieri. Ed è stato forte, intenso, di quelli da custodire gelosamente in fondo al cuore. Niente più esaltazioni (quattro anni fa, a 11 anni, si parlò molto del suo trasferimento per 110 milioni al Torino e Sarno si ritrovò in tv a palleggiare al fianco di Maradona e Batistuta), ma solo la gioia di giocare a pallone. E poco importa se il palcoscenico non era Secondigliano – dove è cresciuto, conoscendo il pallone alla scuola calcio Gaetano Scirea – e con lui non c’era la sua famiglia, perché Vincenzino, che ora gioca nelle giovanili della Roma, ieri si è ritrovato di fronte per la prima volta il Napoli, un pezzo del suo cuore. E di casa. (Andrea Pugliese - La Gazzetta dello Sport - 29 dicembre 2003)
"È vero, prima non avevo mai giocato contro quella casacca – racconta il gioiello romanista – e devo dire che è stata comunque una sensazione particolare. Del resto sapevo che sarebbe stata una partita speciale. E così è stato". Già, anche perché nel salotto dell’Urbetevere (dove si sta svolgendo il primo trofeo Junckers Bosch per la categoria Allievi ‘88) Vincenzino ha fatto mostra regale di tutte le sue finezze tecniche, regalando alla Roma due dei quattro gol con cui i giallorossi hanno superato i partenopei. Ma non solo. "Sarno? Un grandissimo talento – è il parere di Pietro Leonardi, responsabile del settore giovanile della Juventus – Ha girato e sofferto tanto. Ora mi auguro che abbia finalmente trovato la sua collocazione definitiva alla Roma. Ha qualità e in prospettiva può essere uno dei migliori colpi di sempre della Roma. E non dite che è piccolo fisicamente, perché questo qui può diventare il futuro Miccoli del calcio italiano".
Lo spera anche la Roma, che lo ha accolto a braccia aperte, tesserandolo lo scorso ottobre e facendolo subito giocare con i Giovanissimi Nazionali. Allora come trequartista, oggi negli Allievi Regionali di Dario Pisani anche come seconda punta. Ed è in proprio in questo ruolo che ieri Vincenzino ha giocato la sua partita speciale. Dribbling, finte, scatti e primi passi brucianti. E poi qualche tacco sparso qui e lì, con una fuga che ha provocato il rigore del 2-0 (realizzato da Cervini, anche per lui una doppietta) e i due gioielli balistici che hanno chiuso il match: prima uno slalom ubriacante con cui ha fatto fuori tutta la difesa partenopea e insaccato il pallone con un sinistro che ha finito dolcemente la sua corsa sotto l’incrocio dei pali opposto, e poi l’ennesimo spunto tra i due centrali azzurri (che al suo confronto sembravano quasi due giganti dei Viaggi di Gulliver), con Marino saltato come un birillo da bowling e la palla depositata in rete con il destro, che non è neanche il suo piede.
"Ma devo ancora migliorare un po’ – dice a fine gara Vincenzino scherzando – e proprio con quel piede. I gol? Mi è piaciuto di più il primo, perché il secondo è stato troppo facile". Per lui sì, per altri forse no. Ma la sua partita ieri era cominciata tra baci e abbracci, sia dei compagni (che se lo coccolano come si fa con il più prezioso degli amici), sia degli avversari. "Un paio di loro li conoscevo, giocavamo insieme a Napoli". Ora, invece, la sua vita si divide tra il pensionato di Trigoria e casa Suppa, dove va il fine settimana per continuare a giocare con Daniele, suo compagno di squadra, ma soprattutto suo amico. E ieri, dopo aver sfiorato il gol anche su punizione (un sinistro di un soffio al lato, che ad alcuni in tribuna ha riportato alla mente le magìe di un certo Maradona…), la rete del 3-0 l’ha dedicata proprio a Caterina, la mamma di Daniele. Una corsa sentita e vissuta, con quell’indice alzato quasi a volerla ringraziare dell’affetto che ha in cambio. Perché dietro quella faccia buona e quegli occhioni azzurri sembra proprio che si nasconda anche un animo d’oro. E, alla fine, anche nel calcio i sentimenti contano ancora. E Sarno lo sa.